martedì 20 luglio 2010

L'acqua non si vende, è un bene essenziale che appartiene a tutti: nessuno può appropriarsene, né farci profitti.


Un milione e quattrocentoduemila le firme raccolte e presentate in Cassazione per i tre quesiti referendari, contro la privatizzazione dei servizi idrici, per un totale di 525 scatoloni e consegnati dal comitato referendario composto da una miriade di associazioni spontanee apolitiche di cattolici, apolitici, di organizzazioni non governative e associazioni di sinistra.


Paolo Carsetti del comitato promotore spiega:
«Nessun referendum nella storia della Repubblica ha raccolto tante firme, un segnale di attenzione da parte dei cittadini, un risveglio democratico che ha coinvolto realtà inaspettate e garantito questi risultati».

Ricordiamo i tre quesiti referendari presentati in Cassazione:
Primo quesito - i referendari chiedono l'abrogazione dell'articolo 23-bis della legge 133/2008, che privatizza i servizi pubblici di rilevanza economica, fra cui la gestione dell'acqua pubblica in Italia.
Secondo quesito - si chiede l'abrogazione dell'articolo 150 del Codice dell'ambiente (Dlgs 152/2006) relativo alla scelta della forma di gestione e alle procedure di affidamento del servizio idrico.
Terzo quesito – si vuole cancellare il comma 1 dell'articolo 154 del Dlgs 152/2006, limitatamente alla parte che dispone che la tariffa costituisce corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto dell'adeguata remunerazione del capitale investito.

Il combinato disposto dei tre quesiti comporterebbe, per l'affidamento del servizio idrico integrato, la possibilità del ricorso all'articolo 114 del dlgs 267/2000, che prevede il ricorso a enti di diritto pubblico (azienda speciale, azienda speciale consortile, consorzio fra i Comuni), o a forme societarie che qualificherebbero il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente "privo di rilevanza economica", servizio d’interesse generale e scevro da profitti nella sua erogazione. Il comitato referendario punta poi all'approvazione di una legge d'iniziativa popolare, già consegnata al Parlamento nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua, corredata da oltre 400mila firme di cittadini.


Ora si chiede al Governo di emanare un provvedimento che disponga la moratoria degli affidamenti di servizi idrici previsti dal decreto Ronchi fino allo svolgimento del referendum, previsto per la prossima primavera. È altresì chiesto alle amministrazioni locali di non dare corso alle procedure previste dal decreto Ronchi.


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