Di chi è la responsabilità di tutto questo?
La società civile, i cittadini in generale, sono in questi giorni gli spettatori silenziosi di vicende allarmanti e pericolose culminate nel ferimento del Presidente del Consiglio. Se si esclude lo scatenarsi in rete di posizionamenti, anche pesanti, di una minoranza in difesa o in attacco di Silvio Berlusconi, poco si muove e poco si dice. La scena è dominata quasi completamente da chi occupa i piani alti della società italiana: in prima fila i politici e i giornalisti. Cittadinanzattiva, come la gran parte delle organizzazioni civiche, sono tra questi spettatori muti. Vorremmo però anche noi dire la nostra, almeno attraverso gli strumenti che abbiamo, vale a dire l'informazione tramite il web.
Per farlo abbiamo scelto di diffondere e commentare il testo di un articolo pubblicato il 15 dicembre sul Corriere della Sera e scritto da Umberto Ambrosoli, figlio dell'avvocato ucciso negli anni 70 dalle Brigate Rosse. Di quello che dice Ambrosoli due sono le riflessioni più interessanti e, direi, azzeccate.
La prima: il clima di odio a cui si assiste in questi giorni non ha nulla a che fare con gli anni di piombo. Allora i conflitti nascevano dalla società e dai suoi problemi, dalle rivendicazioni irrisolte. Era un conflitto che nasceva dal basso, dalle piazze, dai luoghi di lavoro. Quello di oggi è - per usare parole mie - un conflitto di palazzo, che nasce quindi dall'alto e che noi tutti subiamo. Per questo è quanto mai drammatico, perché su di esso non si stanno consumando gli italiani, in ben altre cose affaccendati, ma la classe dirigente del paese, che, a prescindere dai torti e dalle ragioni, si sta logorando attorno ad una polemica tutta interna ai poteri dello stato, con una perdita secca di fiducia da parte dei cittadini.
La seconda riflessione, agganciata alla prima, riguarda la tenuta delle istituzioni. Aver innescato una spirale di critica quotidiana ai diversi istituti democratici, seppur obsoleti e da riformare, è un grande pericolo. È un pericolo perché quando si comincia, poi non si finisce più e scatta una sorta di legittimazione al massacro che colpisce tutti. Se ieri era la Corte Costituzionale, oggi è il Presidente del Consiglio, addirittura la massima autorità di governo del paese, che diventa vittima della violenza di strada. E così in avanti, alzando sempre più i toni, gli insulti e le minacce.
Noi non abbiamo bisogno di questo. Da sinceri democratici e da difensori della integrità della persona umana ci dispiace moltissimo per quello che è successo al nostro Presidente del Consiglio, ma a lui chiediamo di assumersi la responsabilità di arrestare questo scempio.
Teresa Petrangolini
Segretario generale di Cittadinanzattiva
Segretario generale di Cittadinanzattiva
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