Più di un milione e duecentomila firme
per chiedere l'abrogazione della legge elettorale Calderoli. Un
risultato clamoroso e inaspettato. Che ci dice, però, quanto sia forte
il desiderio di cambiamento dei cittadini, l'urgenza di voltare pagina.
Con questi numeri, i benpensanti beneducati per i quali ogni occasione è
buona per criticare l'ignavia e la mancanza di senso civico degli
italiani sono serviti.
'Se' si andrà a votare per questo
referendum nella prossima primavera i risultati saranno schiaccianti,
forse ancora più di quelli per i referendum per la pubblicizzazione
dell'acqua e contro il nucleare e il legittimo impedimento. Scriviamo
'se si andrà a votare' non a caso. Adesso, infatti, la parola passa alla
Cassazione che, entro dicembre, verificherà la validità delle firme.
Poi, in gennaio, la Corte Costituzionale esprimerà il suo parere di
ammissibilità. Il voto si dovrebbe tenere tra il 15 aprile e il 15
giugno 2012.
Ma i partiti hanno ancora la possibilità
di bloccare il referendum: o votando frettolosamente una nuova legge
elettorale, con il rischio di metter su di nuovo un sistema
approssimativo; oppure puntando allo scioglimento delle Camere e a nuove
elezioni che, però, si svolgerebbero secondo le regole vigenti, con una
probabilità molto alta, dunque, di insistere negli stessi difetti del
presente.
Tutti, infatti, riconoscono che la Legge
Calderoli, oggi vigente, è pessima (ma tutti i partiti, sia di
maggioranza che di opposizione, ne hanno approfittato). Si basa su un
sistema proporzionale con liste bloccate: in questo modo gli elettori
non possono scegliere i candidati e questi ultimi sono selezionati dalle
segreterie dei partiti ed eletti secondo l'ordine di presentazione in
base ai seggi ottenuti dalla singola lista. Alla Camera sono previste
soglie di sbarramento su base nazionale che hanno l'obiettivo di
semplificare il quadro politico e ridurre il numero di partiti minuscoli
e del tutto privi di reale rappresentanza: ma in realtà questi
sbarramenti sono facilmente aggirabili perché i partiti si uniscono per
il voto e poi si rendono liberi di nuovo in Parlamento. Il sistema viene
completato con un premio di maggioranza alla coalizione di liste più
votata.
Da due legislature, a causa di questa
legge elettorale e della classe dirigente che ha prodotto, il Paese è
bloccato. Manca completamente un rapporto diretto con i cittadini: gli
stessi rappresentanti eletti riconoscono di non sapere nemmeno qual è il
loro elettorato di riferimento e, di conseguenza, non sentono mai
l'esigenza di rispondere del loro operato. E' un Parlamento di
'nominati' che non possono far altro che obbedire alle indicazioni dei
leader ai quali devono la loro elezione, sperando che questi li
riconfermino al prossimo giro. Tra le conseguenze di questo meccanismo
c'è il progressivo peggioramento della qualità del ceto politico: quanti
cortigiani del capo, votati all'obbedienza alle direttive di partito
piuttosto che alla libera espressione di idee! Quante personalità prive
di meriti, competenze e titoli sufficienti per rappresentare la
popolazione! Il Parlamento, di fatto, è espropriato del suo ruolo.
Alla luce di queste considerazioni,
Cittadinanzattiva ha aderito al referendum elettorale perché pare la via
più concreta per tutelare l'effettività del diritto di voto dei
cittadini, per reintrodurre un rapporto diretto tra le scelte degli
elettori e i comportamenti degli eletti, per definire chiaramente le
maggioranze di governo. Il referendum è uno strumento espressamente
previsto dalla Costituzione con il quale i cittadini esercitano
direttamente la propria volontà. Come tale va rispettato, dalle
istituzioni e dalla politica. Il quesito in oggetto poi – in caso di
successo – contiene un messaggio talmente chiaro da non lasciare spazio
ad alcuna interpretazione di comodo. Toccherà vigilare parecchio,
adesso, perché i cittadini possano recarsi alle urne e manifestare
liberamente la propria sete di cambiamento. Sappiamo che lo faranno ed è
questo che spaventa.
Vittorino Ferla, Responsabile relazioni istituzionali
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