(Le Cartoline Originali appartengono all’autore degli articoli).
Via dell’Impero vista con le cartoline d’epoca.
Ho visitato la Mostra sulle demolizioni effettuate per costruire Via dell’Impero.
Si può dire che sia interessante, sebbene si ha l’impressione che il commento, compreso il catalogo emesso per l’occasione, risenta dell’estrazione ideologica dei promotori. Sembra che si vogliano ammettere degli errori che hanno costellato l’opera però, nello stesso tempo, si creano dei paletti oltre i quali la critica negativa non “deve” andare.
È evidente che l’opera fu di regime, si demolirono edifici storici e di culto importanti, questo avvenne con estrema fretta, senza criteri archeologici e, non ultimo, furono “ghettizzati” i loro abitanti per lungo tempo, basta ricordare alcune zone di Roma edificate frettolosamente per dar loro un alloggio alle famiglie sfollate: Primavalle, Tor Marancia, Borgata Gordiani ecc..
Si potevano ottenere dei risultati migliori demolendo molto meno e con saggezza. Si dice che è facile criticare con il senno del poi; occorre ricordare che le critiche furono vivaci anche a quel tempo e che tutti furono d’accordo che il piano di demolizione non fu frutto di uno studio ma da una volontà ideoligizzata.
Del resto l’esperienza non insegna abbastanza; oggi possiamo “ammirare” il recente obbrobrio costruito intorno all’Ara Pacis. Si preferiscono i nomi altisonanti, i titoli e si mette da parte il senso dell’estetica; però guai a rassegnarci; non ci dovremo mai abituare, ad esempio, al famoso Monumento al Milite Ignoto, non per i valori patriottici, ma per la sua architettura e scelta dei materiali, anche quello frutto di una ideologia diremo “piemontese”.
Allora ho pensato di effettuare una mini mostra con le mie foto-cartoline, quindi più rare, risalenti al maggio del 1932 e quattro cartoline dell’epoca ed. Colantoni- Roma , fotografo Du Bois; rappresentano la zona prima delle demolizioni, che ebbero inizio nel 1924, mentre gran parte della Via dell’Impero si effettuò in poco più di un anno.
Si può dire che sia interessante, sebbene si ha l’impressione che il commento, compreso il catalogo emesso per l’occasione, risenta dell’estrazione ideologica dei promotori. Sembra che si vogliano ammettere degli errori che hanno costellato l’opera però, nello stesso tempo, si creano dei paletti oltre i quali la critica negativa non “deve” andare.
È evidente che l’opera fu di regime, si demolirono edifici storici e di culto importanti, questo avvenne con estrema fretta, senza criteri archeologici e, non ultimo, furono “ghettizzati” i loro abitanti per lungo tempo, basta ricordare alcune zone di Roma edificate frettolosamente per dar loro un alloggio alle famiglie sfollate: Primavalle, Tor Marancia, Borgata Gordiani ecc..
Si potevano ottenere dei risultati migliori demolendo molto meno e con saggezza. Si dice che è facile criticare con il senno del poi; occorre ricordare che le critiche furono vivaci anche a quel tempo e che tutti furono d’accordo che il piano di demolizione non fu frutto di uno studio ma da una volontà ideoligizzata.
Del resto l’esperienza non insegna abbastanza; oggi possiamo “ammirare” il recente obbrobrio costruito intorno all’Ara Pacis. Si preferiscono i nomi altisonanti, i titoli e si mette da parte il senso dell’estetica; però guai a rassegnarci; non ci dovremo mai abituare, ad esempio, al famoso Monumento al Milite Ignoto, non per i valori patriottici, ma per la sua architettura e scelta dei materiali, anche quello frutto di una ideologia diremo “piemontese”.
Allora ho pensato di effettuare una mini mostra con le mie foto-cartoline, quindi più rare, risalenti al maggio del 1932 e quattro cartoline dell’epoca ed. Colantoni- Roma , fotografo Du Bois; rappresentano la zona prima delle demolizioni, che ebbero inizio nel 1924, mentre gran parte della Via dell’Impero si effettuò in poco più di un anno.








Riporto alcuni brani tratti dal libro di Italo Insolera “Roma fascista” “nelle fotografie dell'Istituto Luce - Con alcuni scritti di Antonio Cederna”dove la stampa di regime stabilisce come si deve comportare ….ogni commento è superfluo.
Nei primi mesi del 1933 la via dell'Impero assume il suo aspetto definitivo di spianata informe e sfondata, con la demolizione dell'ultimo blocco di case della seicentesca via Alessandrina, tra il Foro di Augusto e quello di Cesare.
Vengono demolite tra l'altro la casa di Flaminio Ponzio e un'altra chiesa, S. Urbano ai Pantani con annesso monastero, di impianto medievale, rifatta nel Seicento e nel Settecento (ed è anche l'unica chiesa di cui ci si degni di fare un rilievo e pubblicarlo). L'infatuazione raggiunge vertici singolari: via dell'Impero non deve essere soltanto una strada, ma un luogo di esercizi spirituali. «Niente coppie né bambini col secchiello» ammonisce Marchetti Longhi; vi si rechino «scolari e cittadini e militi in reverente pellegrinaggio», incalza il Giglioli; «non si pretenda di farne un giardinetto pubblico dove si va a cianciare e a leggere il giornale»12
Solo «qualche ritardatario che vorrebbe ancora visitare Roma con la guida di Stendhal» può disperarsi «di non trovar più i suoi vicoli sudici e i suoi pidocchi»13
Nei primi mesi del 1933 la via dell'Impero assume il suo aspetto definitivo di spianata informe e sfondata, con la demolizione dell'ultimo blocco di case della seicentesca via Alessandrina, tra il Foro di Augusto e quello di Cesare.
Vengono demolite tra l'altro la casa di Flaminio Ponzio e un'altra chiesa, S. Urbano ai Pantani con annesso monastero, di impianto medievale, rifatta nel Seicento e nel Settecento (ed è anche l'unica chiesa di cui ci si degni di fare un rilievo e pubblicarlo). L'infatuazione raggiunge vertici singolari: via dell'Impero non deve essere soltanto una strada, ma un luogo di esercizi spirituali. «Niente coppie né bambini col secchiello» ammonisce Marchetti Longhi; vi si rechino «scolari e cittadini e militi in reverente pellegrinaggio», incalza il Giglioli; «non si pretenda di farne un giardinetto pubblico dove si va a cianciare e a leggere il giornale»12
Solo «qualche ritardatario che vorrebbe ancora visitare Roma con la guida di Stendhal» può disperarsi «di non trovar più i suoi vicoli sudici e i suoi pidocchi»13
12. G. Q. Giglioli, in "Il Giornale d'Italia», IO aprile 1933.
13. A. Muñoz, in "Capitolium», 1932, e in Roma di Mussolini, Treves, Milano 1935, pp. 188 sgg.
Eolo45
3 commenti:
Bravissimo !
Ottimo lavoro!
Semplicemente eccezionale, entusiasmante per un ricercatore.
Complimenti vivissimi!!!
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